Dei referendum della Cgil e altre cose

Il 28 maggio si voterà per i due quesiti voluti dalla CGIL.
Riguardo il primo sui voucher spero sia più un invito al Governo a modificare la norma al fine di migliorarla, perché eliminare completamente questa tipologia di retribuzione per le prestazioni di lavoro occasionale sarebbe un errore colossale, che farebbe precipitare nel lavoro nero migliaia di lavoratori, come baby sitter, colf, badanti, commessi a chiamata, camerieri a chiamata, etc… e non credo che questa sia l’intenzione della CGIL.
Detto questo, vorrei esprimere comunque preoccupazione verso anche a chi offre una prestazione di lavoro non occasionale ed è retribuito mediante voucher. Sgombriamo il campo: mi sembra ovviamente ingiusto, ma eliminare questa possibilità tout court cosa può provocare in un tessuto economico costituito per lo più da PMI?
Il rischio è che, se non si trovano soluzioni contrattuali più semplici e flessibili, nella migliore delle ipotesi si finisce diretti nelle partite IVA, in quella meno ottimistica nel lavoro nero e nella peggiore nel licenziamento. Una risposta va trovata e deve essere contestuale alla riforma del voucher, non successiva.
Il secondo quesito è molto tecnico e riguarda una modifica alla responsabilità di committenti, appaltatori e sub-appaltatori nei confronti dei lavoratori impiegati negli appalti. La legge attuale stabilisce che, in caso di irregolarità nei pagamenti di stipendio e contributi, il dipendente di una società che ha ricevuto un appalto o un subappalto può rivalersi su chi ha commissionato l’appalto, ma soltanto se non è riuscito a ottenere quanto gli era dovuto da chi ha ricevuto l’appalto, cioè il suo datore di lavoro.
Certamente velocizza la pratica, ma la fa fare franca a certi piccoli imprenditori “furbetti” che scaricano sulla stazione appaltante i propri costi e responsabilità.
Poiché ritengo – come accade spesso – che la materia è di una certa complessità e che difficilmente possa essere compresa da tutti i cittadini gli effetti positivi e negativi della vittoria del NO o del SÌ e disdegnando grandemente per questo le forme di democrazia diretta, che hanno tutto tranne che qualcosa di democratico, non parteciperò alla consultazione referendaria, esattamente come l’anno scorso non partecipai a quella sulle trivelle.
Se non fosse necessario un quorum per esprimere una preferenza, obbligato dal mio senso civico a partecipare alla consultazione elettorale – per i motivi sopra elencati – voterei ovviamente NO ad entrambi i quesiti.

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